Cinquantasette anni, fiorentino di nobile casata e fratello del più famoso Lorenzo.
E’ così che viene superficialmente e forse ingiustamente descritto nelle cronache di questi giorni Berardo Bini Smaghi, prossimo Presidente di F2i.
Ma chi è veramente e come la pensa sulle questioni che si troverà ad affrontare dal prossimo 23 marzo?
Due lauree, una in Scienze Economiche e l’altra in Matematica Applicata, qualche impegno accademico (Stoà e Università Roma 3) ma soprattutto una brillante carriera in Cassa Depositi e Prestiti.
Dopo aver ricoperto per sette anni diverse posizioni nel management di Europrogetti e Finanza, società di consulenza allora partecipata da CDP, fino a diventarne nel 2002 Direttore Generale, approda formalmente nel 2005 in Cassa Depositi e Prestiti per gestire la partita del “Fondo rotativo per lo sviluppo e la ricerca” che lo vedrà impegnato anche nella sottoscrizione di numerosi protocolli di intesa con le Regioni.
E’ sicuramente uno dei personaggi chiave del nuovo corso di CDP, quello intrapreso nel 2003 con la trasformazione in S.p.A. e l’ingresso nel capitale delle Fondazioni Bancarie.
Dapprima Responsabile di Gestione e supporto politiche di sviluppo, si occupa successivamente di Attività internazionali, approdando poi all’incarico di Responsabile del Business Development negli ultimi anni.
Nel frattempo entra a far parte dello strategic board di Inframed e Marguerite, fondi “frutto di iniziative promosse dal Long-Term Investors Club di cui CDP è membro Fondatore insieme alla francese Caisse des Dépôts, alla Banca europea per gli investimenti (BEI) e alla tedesca Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW).”
Si è mosso quindi sia nella “Gestione separata” che nella “Gestione ordinaria” di CDP, in piena sintonia con il nuovo scenario e con la nuova missione.
Nel settembre del 2011, partecipando in rappresentanza di CDP a un seminario promosso da Federutilty, affermava “Dal 2003, ci siamo spostati dal pubblico al privato. La logica: dopo il 2009, quella di partecipare all’esercizio dell’ingente debito pubblico del Paese. Che in questo momento non può non essere al primo posto”.
Consapevole dei limiti del “Sistema Italia”, nel corso della quarta edizione dell’Infrastructure Day, dedicata al tema «Come finanziare le infrastrutture tra necessità del paese, vincoli di bilancio e affordability» organizzata dallo studio legale Dla Piper con Italia Oggi e MF-Milano Finanza a ottobre 2011, evidenziava che «il sistema non è abituato a recepire equity. E i progetti finanziati riguardano quasi sempre solo le autostrade» e che il problema «sono gli studi di fattibilità, in particolare il piano finanziario dove spesso è assente l’affordability, ovvero non si spiega dove le pubbliche amministrazioni trovino le risorse. Un difetto che blocca tutto il processo».
Rilevava inoltre, rispetto a rendimenti che normalmente dovrebbero attestarsi almeno al 12%, «che in Italia non si raggiunge questo tasso indicato come minimo e quasi mai viene esplicitato in fase progettuale», per questo gli investitori esteri «preferiscono le aree con tripla A, mettono più volentieri i capitali nel settore delle energie rinnovabili piuttosto che nelle infrastrutture brownfield».
Cinque mesi dopo, a marzo 2012, durante l’ incontro dedicato a “Infrastrutture per la coesione territoriale, la competitività e lo sviluppo” organizzato dalla Fondazione Einaudi, a proposito di certezza delle regole, sottolineava come “Per il mondo della finanza internazionale Malpensa fu un disastro perché ci fu un cambiamento regolatorio storico – mi permetto di fare il nome di Burlando perché credo che il cambio delle regole del gioco venisse da lui – a causa del quale la finanza internazionale scappò dall’Italia; e ci abbiamo messo dieci anni per recuperare. La posizione ferma del governo sulla Torino-Lione aiuta invece a dire che l’Italia è cambiata e che il rischio amministrativo del Paese, il rischio cioè che la politica cambi le regole, si sta riducendo e l’Italia sta diventando un Paese credibile.”
E sulle nuove dimensioni dello scenario internazionale, nel corso dello stesso incontro affermava che ”La parola magica, purtroppo o per fortuna, è “globalizzazione”. Qui non c’è più niente che può essere trattato bilateralmente. Tutto è globale e si muove in fretta” e che “La competizione è una regola che hanno imposto i Paesi del liberalismo, cioè il mondo anglosassone, l’Olanda e la Germania.” , sottolineando che “L’Europa si regge su queste regole per fortuna equilibrate dal concetto di solidarietà tipico del cattolicesimo. L’Europa è stata fatta da tre cattolici; c’è il concetto di solidarietà e da qui i fondi strutturali e il concetto di fondi di coesione, non è solo liberalismo sfrenato.”
Rispetto ai Partenariati Pubblico Privato (PPP), la visione di Bernardo Bini Smaghi è chiara: “La finanza privata è neutra e va dove ci sono le opportunità, ed è più semplice finanziare un’autostrada perché c’è un utente che paga. E’ il braccio pubblico che deve allocare le sue risorse nei progetti di interesse pubblico…” e a novembre dello stesso anno in un convegno dell’ANCE a Milano, lanciando l’allarme su una possibile riclassificazione Eurostat, sottolinea come «Tutti vogliono aumentare il Pf in Italia, ma in questo momento in Europa il Ppp è in crisi, sta calando dappertutto» e che «Sulle 454 gare aggiudicate, monitorate dall’Ance, i closing firmati sono solo 14, di cui solo due per opere sotto i 50 milioni di euro”. Ribadisce inoltre che “L’elemento veramente debole in Italia è lo studio di fattibilità …” e «I Comuni in grado di fare Pf in Italia sono non più di 50, e le imprese di costruzione una decina».
Infatti a maggio 2014 a Roma in un’altra iniziativa dell’ANCE, destinata a presentare le “linee guida per la predisposizione delle convenzioni di concessione e gestione”, a proposito del “paradosso italiano” rappresentato dalla notevole vivacità nella pubblicazione di bandi e dalla forte incidenza di opere pubbliche incomplete, denuncia le “forti criticità da parte della PA nel gestire adeguatamente – specialmente nella fase iniziale della progettazione – aspetti e problematiche di natura tecnica, finanziaria, contrattuale e di ripartizione dei rischi”, dovute ad una “carenza delle capacità professionali richieste per la programmazione, l’affidamento e la gestione; ad un inadeguato livello di preparazione sugli studi di fattibilità di progettazione e di strutturazione del contratto di PPP offerto al mercato; e soprattutto all’uso sproporzionato dei ricorsi amministrativi”.
Sulla presidenza a Bernardo Bini Smaghi di F2i si è appena chiuso il braccio di ferro con i soci privati che hanno inizialmente percepito la soluzione proposta da CDP come una forzatura.
Si tratta ora di vedere se alla visione chiara di scenario che il neo Presidente esprime corrisponderanno strategie coerenti alle aspettative riposte nel più importante fondo di investimenti infrastrutturali del Paese.
(Una versione di questo articolo è stata pubblicata su Formiche.net)