Le imprese del settore pulizie in Italia, secondo i dati di Unioncamere sono circa 60.000 e garantiscono occupazione, pur con un forte ricorso al part time, a più di 500.000 lavoratori, per oltre due terzi donne e con una significativa presenza di fasce deboli.
Il volume d’affari registrato nel 2012 è pari a 9,7 miliardi di euro, in calo rispetto all’anno di massima espansione del settore, il 2010, in cui raggiunse 11 miliardi di euro.
Il settore delle pulizie civili e industriali rientra nel comparto “multiservizi”, in cui confluiscono tutte quelle imprese che offrono una gamma molto più variegata di servizi che oltre alle pulizie, alle disinfestazioni, e alle sanificazioni, comprendono anche manutenzioni, trasporto, facchinaggio, guardiania, manutenzione del verde, servizi generali, ecc.
Confindustria stima per l’intero comparto valori intorno ai 135 miliardi di euro di volume d’affari e circa due milioni e mezzo di lavoratori dipendenti.
Il comparto multiservizi assorbe circa il 43% degli appalti pubblici.
Con l’affermarsi del facility management e con l’esternalizzazione dei servizi, l’espansione che il settore delle pulizie ha registrato in questi ultimi decenni risulta quasi strabiliante. Secondo valutazioni dell’EFCI, l’associazione europea delle imprese di pulizie, tra il 1989 e il 2008 il tasso di crescita registrato dal settore in Europa si attesta al 480%.
Anche in Italia il fenomeno ha avuto queste dimensioni, con una crescita costante del volume d’affari complessivo a partire dalla fine degli anni ’80 e fino al 2011, anno in cui si registra per la prima volta un arretramento del dato.
Delle circa 60.000 imprese di pulizie presenti in Italia, il 76,6% è costituito da imprese individuali o società di persone. Il settore è caratterizzato anche da una elevata natimortalità, ovvero da un forte ricambio di imprese, che in questi anni ha generato una sostanziale contrazione del numero di imprese costituite sotto forma di società di capitali e una crescita delle imprese individuali e delle società di persone. E’ il chiaro segno di un settore – rifugio, una cassa di compensazione per le gravi situazioni di crisi che vive l’economia nazionale, che induce molte persone a rischio di espulsione dal mercato del lavoro, anche grazie ai relativamente bassi investimenti occorrenti, a costituire nuove imprese di pulizie.
Tutto questo, paradossalmente, avviene in maniera contestuale a un vasto processo di concentrazione che ha portato ad avere solo 8 imprese al di sopra dei 100 milioni di fatturato e solo 25 imprese oltre i 50 milioni.
Le grandi imprese hanno incrementato di quasi nove punti la loro quota di mercato passando dal 33,5% del 2009 al 42,3% del 2012 e nella totalità dei casi si tratta di imprese che operano nell’ambito “multiservizi”.
Un’ampia fetta di mercato è quindi controllata da cooperative e loro consorzi e da società di capitali.
Oltre due terzi del volume d’affari nel settore delle pulizie è realizzato da imprese del Nord e solo il 10% da imprese del Sud.
Questo è il risultato di una situazione che vedendo la pubblica amministrazione come il committente più importante e il ricorso al “massimo ribasso” come sistema di aggiudicazione, oggettivamente favorisce le grandi imprese, maggiormente in grado di realizzare economie di scala e di investire in nuove tecnologie che consentono significativi abbattimenti dei costi di gestione.
Il mercato privato risulta molto segmentato ed è costituito da famiglie, condomini, studi professionali, imprese industriali, esercizi e centri commerciali. L’estrema segmentazione comporta l’adozione di strategie diversificate.
Mentre per le famiglie conta molto il rapporto fiduciario e per i condomini la scelta passa inevitabilmente attraverso gli amministratori, per studi professionali, imprese, esercizi e centri commerciali pesano come fattori prevalenti i costi e la qualità del servizio.
E’ su questo terreno che si gioca nei prossimi anni il destino di molte imprese di pulizie che per vincere la sfida dovranno puntare all’innovazione tecnologica finalizzando le loro strategie al contenimento dei costi garantendo i massimi livelli di efficienza e di efficacia.
In ultima analisi, i prossimi anni vedranno sicuramente un avanzamento del processo di concentrazione del settore unitamente alla sopravvivenza di piccolissime realtà legate ai segmenti più marginali del mercato.
Le realtà imprenditoriali oggi maggiormente a rischio risultano quindi quelle che si posizionano a livelli che potremmo definire “intermedi”, che rischiano di essere escluse dai processi di fusione aziendale e che avrebbero serie difficoltà a “retrocedere” in segmenti di mercato non propri.