Il New York Times lo scorso 28 dicembre ha stilato l’elenco dei ventotto “geni creativi” più influenti del 2016. Sono presenti persone del mondo della letteratura, della danza, dell’architettura, della moda, dell’arte, della fotografia, del cinema, della cucina e della politica.
Compaiono nell’elenco il musicista britannico Benjamin Clementine, il poeta e scrittore americano Eileen Miles, la scrittrice britannica Zadie Smith e il coreografo americano Bill T. Jones.
Ci sono anche gli architetti Trix e Robert Haussman (il cui lavoro è definito “brillante, sovversivo” pur se “virtualmente sconosciuti negli Stati Uniti”) e il cileno Alejandro Aravena, vincitore del premio Pritzker, che secondo il New York Times si preoccupa più dei problemi sociali che di esercitare la propria vena artistica.
Diversi i nomi dei geni creativi che lavorano nel mondo della moda: il fashion designer giapponese Junya Watanabe e Raf Simons, approdato a Calvin Klein lo scorso agosto dopo aver lasciato la casa di moda Dior nell’ottobre 2015. Appaiono nell’elenco anche il direttore creativo della casa di moda francese Balenciaga Demna Gvasalia e gli italiani Alessandro Michele (direttore creativo di Gucci) e Donatella Versace.
Tra gli artisti, presenti la polacca Paulina Olowska e l’americano Jerry Marshall, oltre al fotografo William Eggleston.
Numerosi anche personaggi del mondo del cinema: Mike Mills, Damien Chazelle, Barry Jenkins, Andrea Arnold, Jeff Nichols, Kenneth Lonergan e Tom Ford. Non ultima l’attrice francese Isabelle Huppert, che secondo il New York Times “sceglie sempre ruoli moralmente complessi e talvolta difficili da guardare, anche se non riusciamo a distogliere lo sguardo.”
Ci sono anche la cantante Lady Gaga e l’attrice e modella Natalie Portman.
Due gli chef: William Bradley, definito “lo chef degli chef”, e l’italiano Massimo Bottura, “lo chef dietro il ristorante migliore del mondo”, ovvero la sua Osteria Francescana a Modena.
Nella lista compare anche Michelle Obama, attuale first lady degli Stati Uniti che, secondo il New York Times, “negli ultimi otto anni ha cambiato in modo silenzioso ma sicuro il corso della storia americana”.